domenica 8 marzo 2009

IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON ( 2009, David Fischer)


2003, New Orleans, fuori da una stanza d’ospedale, su cui giace morente una anziana donna, sta imperversando un ciclone di dimensioni catastrofiche. La figlia della donna, Caterine, sta accudendo la madre durante i suoi ultimi momenti di vita, la quale tuttavia desidera che sua figlia le legga un diario, risalente alla fine della prima guerra mondiale. Il diario è di un uomo insolito, nato in circostante innaturali; il suo nome è Benjamin Button.
L’intera storia è una serie di flashback, che narrano le vita di questo personaggio nato sull’orlo della morte, fisicamente un ottantenne, pieno di tutti i mali che possono affliggere durante la vecchiaia. Il bambino viene cresciuto da Queenie, che gestisce una casa di cura per persone anziane.
Benjamin, che sarebbe dovuto morire, invece cresce e ringiovanisce, anziché invecchiare come un comune uomo. Nel suo procedere durante la via della “giovinezza” incontrerà persone le cui ambizioni e sogni, aspettative e speranze, sono offuscate da un incompatibile presente, da cui però si redimeranno, e futuro, e soprattutto da un’inevitabile vecchiaia, dal quale Benjamin sembra fuggire.
La storia è una metafora del tempo che scorre, e che inevitabilmente conduce tutti verso la senilità. Benjamin Button è l'orologio che procede all’indietro, il quale
compare come costante inequivocabile del tempo che, seppur procede all’indietro, non è esente dal suo stesso fluire.
Fin dall’inizio tutti sanno che Benjamin non è un essere umano come tutti gli altri. Il suo tempo procede al contrario, ma questo non lo obbliga a non fare esperienze comune e “normali” , a non conoscere e a non innamorarsi.
Però la figura Benjamin è ambigua, indeterminata caratterialmente ed emotivamente, se non addirittura amorfa, e quasi “assente”.
In sostanza è un narratore(attraverso il diario) “passivo”, spettatore della sua vita, che vive senza determinanti stati emotivi, quasi come se le esperienze che viveva lo attraversassero senza toccarlo.
In realtà i veri protagonisti sono i vari personaggi che incontra durante la sua vita. A quanto pare la narrazione non gira intorno a Benjamin, il quale ne è solo un portavoce, ma è Benjamin che ruota intorno a Queenie, Daisy, Elizabeth, Mike e al signor Button. Lui è lo spettatore delle loro vite e della sua. Spettatore, ripeto, troppo passivo e privo di caratterizzazione. Se doveva essere metafora del tempo che scorreva, forse doveva essere più umanizzato, e forse dandogli quel pathos necessario sarebbe stato più commovente e “vissuta” la sua storia. Forse è stata una svista di Fischer e produzione, o forse è stato premeditato. Chissà.
L’uso dei Flashback è giostrato bene, sia quando è Caterine a leggere il diario, sia quando è un personaggio all’interno del flashback principale a creare un altro flashback attraverso i propri ricordi, aggrovigliando la narrazione in un tessuto temporale davvero avvincente e d’effetto.
La vita di Benjamin ha come sfondo un lungo periodo storico: dalla fine della prima guerra mondiale, allo scoppio della seconda, sino ventunesimo secolo. Benjamin tocca alcune delle tappe storiche, creando un gioco del destino per niente scontato.
Fotografia molto curata. Così come la ricostruzione delle ambientazioni dei vari decenni che fanno da sfondo al film, per non parlare delle varie musiche.

Curiosità= verso la metà del film lo spettatore si inizierà a domandare: ma come farà a morire un uomo che non invecchia, ma ringiovanisce? Sarà quest’espediente narrativo a muovere di sottofondo le trame dell’intreccio.

In finale il film è apprezzabile, e viene spartito bene e servito a dosi non troppo monotone. Eppure c'è qualcosa che non convince. Forse è stato un tentativo di ricostruire una storia di una vita, un pò come Forrest Gump, creando però solo un'ombra. Il tentativo è stato notevole, ma il risultato è un bell'oscar come miglio trucco, e questo dice molte cose..

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